a cura di Dott. Paride Travaglini Biologo e Soccorritore FISA

Cosa (non)fare in caso di contatto con le meduse

Una delle più fastidiose insidie del mare è rappresentata dalle meduse.
Questi affascinanti ed eleganti animali marini, dall’aspetto gelatinoso e dai colori brillanti, composti principalmente da acqua, sono provvisti di cellule chiamate cnidociti al cui interno si trovano le cnidocisti, organi urticanti contenti veleno che la medusa utilizza per difendersi dai predatori e paralizzare la potenziale preda.Le meduse proliferano nel periodo estivo ed i dati indicano che il loro numero aumenta anno dopo anno a causa di vari fattori come l’effetto serra che causa il riscaldamento dei mari e quindi rendendo favorevole l’ambiente e la pesca indiscriminata che porta ad una diminuzione dei pesci che competono con le meduse per l’alimentazione.

Il problema troppo spesso sottovalutato è rappresentato dalla presenza sempre più frequente di meduse provenienti dai mari tropicali ben diverse e più pericolose di quelle che normalmente si riscontrano nei nostri mari.

Le meduse sono causa di irritazioni cutanee dolorose, gonfiore ed arrossamento ed i soggetti a rischio e più sensibili sono soprattutto i bambini.
Spesso si parla di puntura o in gergo di “morso” di medusa. In realtà la medusa non punge perché non ha un pungiglione e non attacca.
Per avere la reazione cutanea basta entrare in contatto con i suoi filamenti che come visto rilasciano il veleno che può essere più o meno urticante per l’uomo.

Cosa fare in caso di contatto?

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Non esiste un protocollo unico di primo soccorso, perché esistono varie specie e l’efficacia della risposta dipende proprio dall’individuazione della specie stessa. Essa tuttavia, risulta difficile nella maggior parte dei casi.
Gli approcci terapeutici, sono attualmente basati su prove relativamente deboli e sono sicuramente necessari ulteriori studi (in particolare studi clinici randomizzati).
E’ utile in ogni caso sapere cosa fare per fronteggiare il problema e soprattutto quali sono i comportamenti da evitare.

  • La prima cosa è mantenere la calma ed uscire dall’acqua senza agitarsi affinché il veleno non vada in circolo più velocemente

  • Se si tratta di un bambino è importante tranquillizzarlo e farlo respirare normalmente.

  • Se ci si trova a largo richiamare l’attenzione per farsi aiutare.

  • Lavare la parte colpita con acqua di mare, così da diluire la tossina non ancora penetrata.

  • Evitare invece l’acqua dolce perché favorisce ed aumenta la scarica del veleno.

  • Non strofinare la zona colpita con pietre tiepide o sabbia, perché potrebbe favorire la rottura delle cnidocisti rimaste sulla pelle

  • Verificare che non ci siano parti di medusa rimaste attaccate alla pelle: eventualmente, con pazienza eliminarle delicatamente con le mani, o con una pinzetta senza premere perché la pressione provocherebbe un maggior rilascio di veleno.

  • Non utilizzare coltelli o carte rigide.

  • Anche se viene istintivo,evitare di grattarsi.

  • Sebbene alcuni studi abbiano evidenziato un’azione lenitiva da parte del ghiaccio, meglio non utilizzarlo perché permette al veleno di permanere più a lungo.

  • No ai rimedi della nonna come ammoniaca, alcool e urina che oltre ad essere metodi inutili possono risultare anche dannosi in quanto potrebbero infiammare ancora di più la zona colpita.

Soprattutto l’urina è da evitare poiché nel migliore dei casi agisce come una soluzione neutra con un effetto simile a quello dell’acqua dolce. Non avendo però mai la stessa composizione ed essendo influenzata in primis dall’alimentazione, potrebbe scatenare reazioni più gravi.

E l’aceto?

Dipende dalle specie. Ricerche hanno  evidenziato efficacia  per la Alatina alata, una cubomedusa diffusa nell’oceano Pacifico e per la Caravella portoghese (Physalia phisalis) che fortunatamente non si incontra di frequente nei nostri mari.
Studi hanno evidenziato un effetto positivo dell’aceto anche su Carybdea marsupialis (Cubozoa) e su Chrysaora hysoscella (Scyphozoa). Il protocollo prevede l’immersione dell’area nell’aceto (4% –6% acido acetico) per almeno 30 s;

La Carybdea marsupialis è una cubomedusa sempre più diffusa nel Mar Mediterraneo e nei nostri mari.
È una medusa molto piccola che ha l’ombrello a forma di cubo di 3-4 cm e quattro tentacoli lunghi una decina di centimetri. Nonostante le sue dimensioni, è facile da avvistare in acqua proprio per il colore rossastro dei suoi tentacoli.
Come tutte le cubomeduse è una specie pericolosa per l’uomo ed insieme alla Pelagia noctiluca (Pelagiidae) è tra le meduse più urticanti presenti nei nostri mari.
Le sue punture sono dolorose ma in genere non letali a differenza di quelle della Chironex fleckeri ( la vespa di mare) che vive lungo le coste settentrionali dell’Australia.

La medicazione corretta prevede l’applicazione di gel astringente al cloruro d’alluminio ad una concentrazione del 3%-5% che oltre ad alleviare il prurito, blocca la diffusione  delle tossine. Efficaci anche spray all’acqua di mare o astringenti naturali ( es aloe).
Le creme al cortisone o contenenti antistaminici sono inutili in quanto agiscono solo dopo 20-30 minuti quando cioè la reazione si è già estinta naturalmente. Diverso invece il discorso per gli antistaminici presi per via orale, anche se è sempre sconsigliato il fai da te in quanto trattasi di farmaci.

Nei giorni successivi al contatto, è importante non esporre al sole la zona colpita ed applicare poi
creme con protezione totale per scongiurare antiestetiche macchie scure sulla parte colpita (essa tende a scurirsi e “macchiarsi”ed i raggi UV , potrebbero rendere durature tali macchie).

In caso di reazioni cutanea estese, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, vomito, nausea e vertigini, rivolgersi immediatamente al Pronto soccorso.

La comparsa di questi sintomi non va sottovalutata

Bibliografia e sitografia

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Raffaele Perrotta. Il salvamento acquatico: Primo soccorso

https://www.focus.it/ambiente/animali/che-meduse-ci-sono-questanno

https://www.focus.it/ambiente/animali/medusa-rimedi

https://www.humanitas.it/news/16733-quali-rimedi-le-punture-medusa

https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/altre-news/il-rimedio-anti-medusa-aceto-e-acqua-di-mare

 

* Si ringraziano per la preziosa collaborazione il Presidente nazionale FISA Raffaele Perrotta e la Dott.ssa Martina Capriotti Marine Biologist, PhD Life and Health Science